Le Monache Camaldolesi professano la Regola di S. Benedetto con le Costituzioni proprie e si richiamano alla Tradizione di Camaldoli.
Elemento caratteristico della Tradizione Camaldolese è l’unità della famiglia monastica nel triplice bene:
• cenobio
• solitudine
• evangelium paganorum
“Tripla commoda quaerentibus viam Domini, hoc est : noviter venientibus de saeculo, desiderabile coenobium ; masturis vero et Deum vivum sitientibus, aurea solitudo; cupientibus dissolvi et esse cum Christo, evangelium paganorum”.
(“Vita dei cinque fratelli”, cap.2 – s. Bruno – Bonifacio- di Querfurt)
LA STORIA DELLE MONACHE CAMALDOLESI
Le monache camaldolesi occupano giustamente una bella pagina nella storia della Congregazione Camaldolese. Fin dai primi tempi della Congregazione, San Romualdo – l’austero padre degli eremiti – ebbe seguaci non solo fra gli uomini, ma anche fra le donne. San Romualdo, pieno di zelo apostolico, ebbe quale unico scopo guadagnare tutti a Cristo con la sua parola ed il suo esempio. Egli non si ritrasse dalla società per fuggirla, ma per fini più nobili ed elevati, come testimonia la sua opera attiva e feconda, svoltasi durante la sua vita, e il bene spirituale di uomini e donne del suo tempo.
San Pier Damiani nella sua biografia del Santo, riferisce che, avendo San Romualdo deciso di costruire un monastero per monache “ancillarum Dei” in un luogo detto Valbuona, incontrò forte resistenza ed opposizione in alcuni dei suoi discepoli, mentre altri condividevano il suo progetto. Venute le parti dissidenti davanti a San Romualdo per esporre le proprie ragioni, il demonio, artefice di tale contrasto e nemico di quel progetto, incominciò a fare grande strepito e ad urlare. Separatisi, quindi, i monaci per far ritorno nelle loro celle, si sprigionò un forte vento ed una grande tempesta, che uno dei monaci placò all’istante con un segno di croce. Tutto ciò sarebbe accaduto nel 1023, ma anche prima del fatto menzionato, San Romualdo aveva fondato, probabilmente nel 1006, un monastero di monache. Il Beato Rodolfo, priore di Camaldoli, volle imitare anche in questo il suo maestro e si prodigò per guidare sulla via della santità anche le donne del suo tempo.
Il padre camaldolese don Parisio Ciampelli fa notare come i due monasteri sopra citati, benché appartengano alla Congregazione Camaldolese, per il fatto di essere antecedenti alla esistenza di una precisa regola eremitica scritta, non possono dirsi strettamente tali come molti altri riformati da San Romualdo, fra i quali quello antichissimo di Bagno di Romagna dove visse e morì santamente la Beata Giovanna. In passato un certo numero di monasteri camaldolesi erano doppi, ossia una parte era riservata alle monache ed un’altra ai monaci, a volte retti alternativamente da una abbadessa o da un priore.